In un precedente articolo (se lo hai perso puoi cliccare qui per leggerlo) si era già parlato delle regolamentazioni a cui i pescatori si dovevano attenere secondo la legge. In questo articolo approfondiremo le misure minime dei pesci, ma più in particolare quando è davvero consentito trattenere una preda.
Perché esiste una taglia minima?
Intanto è doveroso specificare che la taglia minima nasce dall’esigenza di far compiere (almeno teoricamente) un ciclo riproduttivo ad ogni singolo pesce. “Almeno teoricamente” perché nella pratica, come vedremo, molte specie che non sono considerate a rischio hanno una misura minima ben lontana da quelle che prescriverebbe la biologia marina.
Chi stabilisce le misure minime?
Per le acque interne sono Regioni, Provincie e concessionari di zone in gestione a stabilire i limiti (quindi si consiglia un’approfondita ricerca oppure una semplice telefonata presso l’ufficio caccia e pesca della propria regione (per i numeri di telefono regionali clicca qui), mentre per il mare è ancora in vigore una direttiva europea risalente al lontano 2006 (regolamento CE n°1967/2006). Alcune regioni a statuto speciale (come Sicilia e Sardegna ad esempio), in collaborazione con enti specializzati nel monitoraggio delle specie marine e della loro evoluzione hanno emesso delle misure minime superiori a quelle previste nel regolamento europeo. La vera domanda sorge tuttavia spontanea: dato il noto impoverimento dei mari (e non solo), le regolamentazioni vigenti andrebbero riviste? Proprio in questo caso nasce l’etica del pescatore.
Quali sono le misure minime?
Le taglie minime vigenti sono quelle riportare nella tabella. È doveroso specificare che dove si trovi una misura minima da 7 cm essa si riferisce al fatto che la specie non è in “alcuno stato di pericolo” (come ad esempio la leccia o la ricciola).
Come si misura un pesce?
La misurazione si effettua: “dall’apice del muso, a bocca chiusa, fino all’estremità del lobo più lungo della pinna caudale, oppure all’estremità della pinna caudale quando questa non presenta i due lobi.”
Quali sono i VERI pesci da poter tenere?
Come si può benissimo notare nella tabella sopra riportata molte misure rispecchiano effettivamente prede che possono essere degustate dal pescatore. Anche ad esempio una spigola di 25 cm ha ben pochissima carne da poter mangiare. Tra pescatori è nata quindi un’ulteriore tabella (simile a quella usata da FIPSAS per alcune gare) che rispecchia un po’ le taglie etiche dei pesci che tutti potremmo trattenere.
Ovviamente queste misure sono solamente consigliate e non obbligatorie (come al contrario lo sono quelle della normativa europea), ma molti fattori possono contribuire alla decisione di rilascio. Primo fra tutti è la quantità di pesce catturato, infatti se si ha già un buon carniere si potrebbe decidere di tenere solo gli esemplari più grossi in modo da portare qualcosa a casa ma preservare comunque lo spot. Altro fattore è quello riguardante il periodo di riproduzione, infatti come ben sappiamo i pesci sono più voraci in questi momenti perché consumano molte energie per l’accoppiamento.
Quando si cattura un esemplare pieno di uova (lo si riconosce dal ventre molto gonfio) sarebbe buona norma rilasciarlo con l’idea che quel pesce (dopo pochi giorni magari) darà la vita ad altre decine e decine di esemplari. È proprio questo uno dei pilastri portanti della pesca catch and release (cioè quello di contribuire a preservare tutte le varie specie). Certamente con questi accorgimenti non riusciremo a salvaguardare il mare dal costante impoverimento, ma di certo daremo l’esempio di etica e rispetto per la natura.
Samuele – Noi Siamo Pescatori
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